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La SBE tra tradizione e modernizzazione

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La SBE tra tradizione e modernizzazione

di Stefano Bidetti

Il fumetto è in crisi e quindi occorre adeguarsi ai tempi, rompere la tradizione e modernizzarsi. Sembra un mantra che si ascolta ormai sempre più spesso. Ovviamente ci sono anche opinioni discordanti, ma resta il fatto che quanto succede alla maggiore casa editrice italiana di fumetto in qualche maniera diventa materia di analisi e di interrogativi.
Indubbiamente la Sergio Bonelli Editore ha una storia e una tradizione di tutto rispetto e quindi la verifica di quanto riportato nel titolo, se applicata alla casa editrice milanese, torna ancora più utile.
Ebbene, la sensazione è che la SBE non riesca realmente a rimanere nel solco della tradizione, neanche quando questo non solo non sarebbe controproducente, ma anzi sarebbe di vantaggio. Perché la questione da porsi è proprio questa, cioè capire se la tradizione è sempre qualcosa da superare oppure no.
Proviamo a fare degli esempi pratici. La SBE, ad esempio, ha recentemente (2018) realizzato per Zagor una nuova serie a striscia ispirandosi dichiaratamente al desiderio di realizzare un prodotto vintage, quindi copiando la famosa Collana Lampo degli anni ’60-’70. La riproduzione dei simpatici albetti non riguardava solo il formato, ma anche l’impronta stilistica delle vignette, col recupero delle didascalie e con un ritmo più incalzante della storia. Tranne la mancanza del nome della serie sulla costa, la replica è perfettamente riuscita, e infatti la pubblicazione ha un grande successo; la casa editrice fa finta di meravigliarsene, come se non conoscesse gli appassionati zagoriani, ma di fatto le strisce vanno a ruba nonostante vengano vendute soltanto nelle fumetterie. Ebbene, quando si parla di realizzare una nuova storia da pubblicare nello stesso formato, per quella che sarebbe quindi una nuova serie, anziché mantenere la denominazione scelta per la testata di “Collana Darkwood”, modificando invece il nome delle serie attraverso l’utilizzo di una numerazione romana consecutiva (come avveniva a suo tempo per Zagor) oppure di una differente denominazione (come venne fatto per numerose serie di Tex), la casa editrice pensa bene di modificare la denominazione della collana, che per la serie che viene pubblicata a partire da novembre 2019 diventa “Collana Scure”. Il semplice fatto che tra la conclusione di una serie e l’inizio della successiva siano trascorsi dei mesi non appare sufficiente a considerare la nuova storia una diversa “collana”. Perché cambiare impostazione? Il termine “collana” infatti si riferisce al formato, alla tipologia, all’impostazione, che restano assolutamente identici.
Un altro esempio riguarda la politica della ristampa. Troppo spesso, pur di sfruttare il fenomeno del successo di qualcosa, da Via Buonarroti non esitano a ristampare - o a far balenare l’idea di una ristampa – cose che sono state vendute bene; questo sarebbe ottima cosa, qualora rispondesse al desiderio di alcuni lettori rimasti senza di procurarsi una determinata pubblicazione. Invece la ri-pubblicazione avviene in un formato diverso, in modo che anche chi ha già acquistato la prima uscita possa essere tentato, pur di avere tutto, di acquistare di nuovo la storia. Vedasi le copertine variant o la doppia pubblicazione tra cartonato e brossurato.
Andiamo avanti: nel 2015 la SBE ha avviato la pubblicazione di una serie di volumi cartonati alla francese (48 pagine, grande formato, a colori), con autori nuovi per Tex e storie inedite. La collana si chiama “Tex Romanzi a fumetti” e prevede un paio di uscite annue. Poi improvvisamente in questa sequenza vengono inserite (ed è già la seconda volta che succede) storie già pubblicate e quindi autori assolutamente interni. Passi per una storia disegnata dallo scomparso Galleppini, mentre non si capisce perché debba comparire in quella collana una storia disegnata da Ticci e già pubblicata in precedenza. Insomma, la coerenza fa proprio tanto a pugni con il guadagno più semplice? Perché una serie di inediti deve essere “contaminata” da storie già pubblicate?
Inoltre, la Sergio Bonelli Editore sta abbandonando l’edicola, nonostante sia stato il principale fornitore di fumetto popolare per decenni; “Bonelli uguale edicola” è stata per anni un’equazione assolutamente inscindibile. Se la Bonelli segue il flusso della scomparsa dell’edicola, anziché difendere quello che è sempre stato il suo punto forte (cioè la distribuzione territoriale capillare), e anzi addirittura sembra volerne favorire il processo di esautorazione, c’è qualcosa che non va. Non sembra che cavalcare questo cavallo impazzito possa e debba essere nel DNA della Bonelli! Prepararsi ad altri sistemi di distribuzione e vendita è un conto; favorire l’abbandono o addirittura il boicottamento delle edicole tutt’altro!
Peraltro, la Bonelli ha sempre fatto dell’abbondanza di produzione uno dei propri cavalli di battaglia, mentre ora fa delle produzioni limitate, contenute, nel senso che un prodotto magari risulta esaurito (vedi la prima serie di strisce) e poi magari – come si diceva prima - lo ristampa in altro formato. Intendiamoci, la sovrapproduzione è ovviamente un lusso che ormai nessuno può più permettersi, ma sarebbe sufficiente tenere aperta la possibilità di proseguire la tiratura di una cosa, senza differenziarla dalla prima stampa, per consentire a tutti gli interessati di poterla acquistare. Invece, dando vita a produzioni contenute, si favorisce soltanto la speculazione ai danni di chi non riesce subito a procurarsi qualcosa, andando peraltro in contraddizione nel momento in cui si sostiene che è proprio ciò che non intende favorire. Le tirature limitate ovviamente rendono una cosa più rara e alimentano la morbosità dei collezionisti. Soprattutto se poi tali numeri ad esaurimento vengono annunciati e proposti in eventi tipo Lucca Comics, tutti i commercianti il primo giorno acquistano 50-60 copie di qualcosa destinata ad esaurirsi velocemente e poi, magari durante gli stessi giorni di Lucca, non appena arriva la notizia che l’albo è esaurito, lo tirano fuori decuplicandone il prezzo. Sto lavorando di fantasia? Vogliamo ripensare a cosa è successo con gli album di figurine della Panini di Tex nel 2016, che il giorno dopo erano a 200 € su ebay? O con il Dylan Dog “lenticolare” nel 2019, che il sabato veniva venduto a 30€ sugli stessi banchi dei commercianti?
In sostanza, tradizione può anche equivalere a serietà e affidabilità, fermo restando che poi bisogna sapersi innovare e adeguare ai tempi. Magari lavorare sulla qualità aiuterebbe, piuttosto che puntare solo alla quantità o al trucchetto che fa incassare di più. In fondo la Sergio Bonelli Editore dovrebbe essere la casa editrice guida del comportamento e dell’etica della produzione fumettistica in Italia, anziché correre appresso (peraltro sempre in ritardo) alle mode degli altri!


postato il 20/9/2020 alle ore 16:08

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